
La vita non è un viaggio e non ci sono destinazioni da raggiungere.
Avere degli obiettivi da raggiungere nella vita è importante perché la rende più stimolante e fornisce una motivazione a cui affidarsi per dare un senso alla propria esistenza. Ma quando gli obiettivi diventano un’ossessione, e sono percepiti come “imprescindibili”, allora il senso di dovere che ne consegue è controproducente, in quanto genera un fardello di aspettative ed impegni, che non è né piacevole né facile da gestire. Anzi: è fonte di tensioni, stress, ansie; insomma di una serie di stati d’animo negativi e logoranti.
Allora perché complicarsi la vita? L’esistenza umana dovrebbe avere finalità giocose; dovremmo vivere con leggerezza, godendoci il tempo di cui disponiamo. Invece, in una società sempre più orientata al risultato finale e al perfezionismo, siamo perennemente coinvolti in progetti finalizzati al conseguimento di obiettivi – negli studi, nel lavoro, nella vita privata – e questo ci complica maledettamente la vita, anziché renderla più agevole.
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Il concetto – ormai esasperato – secondo il quale bisogna sempre avere una meta da raggiungere – come se la vita fosse un viaggio – non è confermato da nessuna legge della natura: l’universo non ha una destinazione a cui deve arrivare. Per capire meglio cosa intendo, usiamo un’analogia con la musica. La musica – intesa come forma d’arte – è essenzialmente giocosa. A tal proposito ci tengo a fare una puntualizzazione: quando parlo di aspetti “giocosi” e “leggeri” non intendo qualcosa privo di valore e contenuti profondi: anche una composizione di musica classica dall’indiscutibile valore ed importanza artistico-culturale può essere considerata a tutti gli effetti una forma di diletto. Ad esempio, diciamo “suoni il piano”, e non “lavori al piano”, anche se a suonarlo è un grande compositore.
La musica è diversa dal viaggio: quando si viaggia si vuole raggiungere una meta; nella musica, invece, il finale non è mai un obiettivo. Una composizione musicale non ha mai un obiettivo da raggiungere: se così fosse, allora la migliore orchestra sarebbe quella che finisce prima e i migliori compositori sarebbero quelli che scrivono soltanto finali. Le persone andrebbero ai concerti per ascoltare solo l’ultima nota. La stessa cosa vale per la danza: a nessun ballerino interessa – mentre si muove nello spazio – arrivare in un determinato punto; ad un ballerino interessa fare i giusti passi durante la performance. L’unico obiettivo della danza è danzare; l’unico obiettivo di un’orchestra è suonare. Ma non ci viene suggerito di applicare questo stesso approccio nella vita di tutti i giorni; anzi ci viene suggerito sempre il contrario.
A partire dalla scuola, veniamo immessi in un sistema graduatorio che ci spinge al conseguimento di un risultato (che può essere il voto o il superamento dell’esame finale). Quando si finisce l’asilo si può cominciare la prima elementare; quando si finisce la prima elementare si può passare alla seconda, e così via. Dopo le scuole elementari, si intraprendono le scuole medie, e dopo le scuole medie ci si può iscrivere alle scuole superiori. Poi inizia l’università e dopo essersi laureati ci si specializza. Ma non finisce qui: l’obiettivo della formazione è cominciare a lavorare. Il sistema non è più quello graduatorio, ma diviene monetario: allora ci si pone obiettivi di guadagno. Si lavora per conseguire un premio, un aumento di stipendio, per fare carriera. E quando il successo sembra quasi raggiunto, ci si rende conto che sono trascorsi 40 anni, nei quali non si è fatto altro che portarsi in avanti, in una perenne ricerca del risultato.
Lavorare un’intera vita per andare in pensione cosa implica? Si arriva a 65-70 anni e ci si rende conto di non avere più né l’energia né l’età di fare quello che si desiderava. Ma qual è il senso di questa forsennata rincorsa orientata al futuro? Solo rimpianti: ecco cosa può produrre una vita incentrata sull’obiettivo. Infatti, quando ci si concentra solo sull’obiettivo finale, si perde tutto ciò che di bello si incontra lungo il proprio percorso. Anche la passione viene meno. Ad esempio, molti sportivi che iniziano una disciplina perché animati dalla passione, quando poi diventano competitivi a livello agonistico, finiscono per focalizzarsi esclusivamente sul risultato, e talvolta anche per doparsi. Allora tutti i sentimenti nobili che inizialmente li animavano – passione, divertimento, entusiasmo – vengono meno.
Non imbrogliarti pure tu, non cadere nella trappola degli obiettivi: non interpretare la vita come un viaggio, un pellegrinaggio, in cui c’è uno scopo finale da conseguire. Il tuo premio è quello di avere l’opportunità di vivere la tua vita. Il segreto della felicità consiste proprio nel sapersi godere ogni attimo della propria esistenza, cercando di dare il massimo e di eccellere ORA, e non in relazione a qualche risultato che un giorno potrà essere eventualmenteraggiunto. Rendi speciale e magico ogni passo che compi, e non soltanto i risultati che raggiungi. Come? Ad esempio vivendo esperienze uniche con le persone a te più care. La tua vita è come una composizione musicale: canta e balla adesso che ne hai la possibilità, e non lasciarti sfuggire nulla. Canta e balla mentre la musica suona. Non affannarti ad accumulare obiettivi; piuttosto goditi il tuo cammino mentre lo percorri, fermandoti di tanto in tanto ad ammirare il panorama! Se ti distacchi dal risultato finale e ti concentri sul presente, allora il tuo percorso acquisisce valore, perché non conterà soltanto la meta, ma anche ciò che farai oggi. Impara ad apprezzare il “durante”, e non solo il “dopo”.
Per vivere la tua vita non aspettare che sarà finita! Enjoy your life!
Mi piace tantissimo, soprattutto verso la fine! E devo dire che è proprio così: bisogna prendere la vita come viene senza fissazioni insensate, se non si vuole poi trovare, quando si arriva alla fine del nostro tempo, a rimpiangere ciò che abbiamo perduto!